di Pasquale Muià

𝑫𝑨𝑳𝑳’𝑬𝑹𝑬𝑴𝑶 𝑫𝑬𝑳𝑳’𝑼𝑵𝑰𝑻𝑨’ 𝑫𝑰 𝑮𝑬𝑹𝑨𝑪𝑬, GIUNGE UN 𝑴𝑬𝑺𝑺𝑨𝑮𝑮𝑰𝑶 𝑫𝑰 𝑩𝑼𝑶𝑵 𝑵𝑨𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑪𝑶𝑵 𝑼𝑵𝑨 𝑹𝑭𝑳𝑬𝑺𝑺𝑰𝑶𝑵𝑬 𝑺𝑼𝑳 𝑴𝑶𝑴𝑬𝑵𝑻𝑶 𝑰𝑵𝑻𝑬𝑹𝑰𝑶𝑹𝑬 𝑫𝑬𝑳𝑳’𝑼𝑶𝑴𝑶

𝑴𝑬𝑺𝑺𝑨𝑮𝑮𝑰𝑶 𝑫𝑰 𝑵𝑨𝑻𝑨𝑳𝑬

In questi giorni è giunta a noi questa parola di morte:” Tutti mi odiano e anch’io odio tutti!”. Inutile e ipocrita sarebbe scandalizzarsi, come se fosse un messaggio alieno. Non lo è, viene dal nostro mondo, è la sua terribile e nuda confessione – è la chiave di lettura di tanti avvenimenti, specie degli ultimi mesi – ma siamo certi che sia solo di questi…? No, non solo di questi…

È una parola di condanna a morte dell’anima, senza più respiro. Ma non è forse, l’anima, il frutto di un alito di vita che non viene dalla terra di cui siamo fatti, non da questa ‘adamà’ che ci costituisce, ma da Altrove? E come può venire dall’anima questa parola di morte? Non siamo forse tutti protesi verso quella Vita che è venuta, viene sempre senza stancarsi, e che verrà? Ci stiamo preparando, come ogni anno, a riconoscerla presente in una mangiatoia per animali – e che cos’è  la nostra storia, se non una mangiatoia per animali? Se almeno fossimo capaci di nutrire gli animali a cui poi togliamo la vita per alimentare la nostra… Ma se non siamo neanche più capaci di nutrire gli affamati del mondo umano – e non solo di pane, ma di attenzione, di cura, di ascolto…! Attendevo con desiderio, in questi giorni, di scrivere poesia : scintille di una speranza che consola e dà respiro…ma non è venuta, la poesia, è venuto un lamento : dov’è quel Bambino, che ne abbiamo fatto, che ne facciamo, che ne faremo? Che ne sarà di noi?

Perché tutto dipende dall’essere quella mangiatoia: se non siamo più capaci di essere grembo, abbiamo almeno l’umiltà  di essere mangiatoia…? Quella parola di morte, ” Tutti mi odiano e anch’io  odio tutti!”, è la parola della fine, che risuona intorno a noi senza riposo. Da dove viene? Da quale abisso di solitudine? Se chi l’ha scritta ha emesso questa condanna di morte per sé e per gli altri – non illudiamoci: certo, era malato, certo, era squilibrato – ma non gettiamogli addosso le nostre paure di scoprire quanto è diffusa questa sua parola, quanto è presente proprio nelle paure di tanti di noi, che vedono nei vicini, dei nemici, e nei fratelli, degli ostacoli, e negli abitanti della stessa terra, degli usurpatori, e di chi si ribella alle ingiustizie subite, dei pericolosi criminali da eliminare… È il grido di Caino, quella parola di morte – e Caino era un uomo come gli altri, e il suo grido percorre i tempi e gli spazi…

Pietà di Caino, e pietà di chi è abitato dalla paura di non essere amato, perché non sa amare… È  la preghiera di Abele: pietà di mio fratello Caino! È il cuore di Abele, quella mangiatoia, del pastore, fratello dei pastori che vanno nella notte senza temere di incontrare il Messia atteso non in una reggia da cui comandare come un qualsiasi potente della terra, ma su quella paglia, come quella di cui si nutrono i loro greggi. I pastori hanno creduto al messaggio angelico e si incamminano nelloscurità della notte perché hanno visto quella notte illuminarsi da quella parola: Dio ama gli uomini tanto da dare di se stesso quella luce della Vita che attraversa le tenebre – anche quelle di ogni Caino, grazie alla preghiera di Abele…

Eremo dell’Unità

22 dicembre 2023