“Pancia mia fatti capanna” l’etimologia dell’espressione popolare, in uso nel meridione d’Italia la dice lungala. Nei contesti dove viene utilizzata può assumere diversi significati. Ma quello più conosciuto è quello calabrese che significa: “Pancia mia fatticapiente per ricevere molto cibo”.

A pensarci bene, questa espressione, come tante altre, se ci pensate è, di per sé, un colpo di genio?

La cucina è amore, passione e creatività.

I calabresi, come anche il resto degli italiani, hanno una forma mentis che spesso la esprimono anche attraverso la cucina con l’idea del gusto, dell’abbondanza e della convivialità. Siamo un popolo generoso. Tanti giovani calabresi costretti ad emigrare al nord dell’Italia avvertono costantemente la mancanza di questo aspetto della loro terra.

Molti genitori, ancora oggi, che ha un proprio figlio al nord a studiare, o lavorare, periodicamente invia il famoso “pacco da giù” contente tutti i nostri prodotti più buoni, come il sugo fatto in casa, pasta fatta in casa, formaggi e insaccati.

Noi calabresi abbiamo un patrimonio che nessuna generazione futura purtroppo, con minoranza, potrà avere.

Le nonne. Le tanto amate nonne.

Una nonna calabrese, di domenica principalmente, si alza molto presto per preparare il ragù, la pasta fresca, i contorni.

Cosi il nostro buongiorno, è stato per molti anni, annusare il meraviglio profumo del ragù o di altre meravigliose pietanze.

Oggi i sogni di molti chef sono quelli di portare a tavola i sapori di un tempo. Purtroppo non tutti non tutti sanno fare, molti ci rinunciano. Di conseguenza i sapori di un tempo si stanno perdendo.

Di certo i calabresi sono un popolo che vede l’emancipazione femminile sul lavoro e quindi impegnate molto spesso nel lavoro dedicando sempre meno tempo alla cura della cucina.

Un pranzo veloce a lavoro, la corsa sui mezzi pubblici o privati e gli impegni che occupano il tempo ad altro e lasciano poco alla preparazione di pietanze che sappiano di tradizione.

Ma almeno la domenica appassionatevi, dedicatevi a tramandare questa nostra cultura culinaria.

Abbiamo tante preparazioni tipiche locali.

Un modo per stare insieme tipico, tradizionale del luogo è la preparazione della “Cardara du maiale”.

Non me ne vogliano gli animalisti ma, le tradizioni, gli usi i costuni sono l’espressione di un popolo.

La tradizione moderna e non quella di un tempo vuole che almeno una volta all’anno si prepari la “cardara” soffriggendo la cipolla, mettendo i pezzi migliori del maiale, sfumare con del brandy e far cucinare per molte ore.

Cosi si organizza la “mangiata” con parenti e amici, un bicchiere di vino e della musica tipica Calabrese come le nostre meravigliose “tarantelle”.

E questa è una delle nostre usanze rivedute e corrette.

Ma catapultiamoci in un altro luogo della Calabria: in Sila. Unpiccolo paese di montagna, in provincia di Cosenza, che conta più di 4.000 abitanti.

Passeggiando tra le vie, numerosi alberghi e tanti ristorantini,molti negozi di oggetti artigianali.

La Sila è patria di funghi, patata, formaggi e salumi.

Di prelibatezze calabresi ce ne sono ancora tantissime, per adesso organizzatevi “Panza mia fatti capanna”.