di Maria Grazia CarnΓ 

Ho visto un padre che guardava da dietro le sbarre il cortile di una scuola, sulle punte dei piedi cercava di gettare lo sguardo lontano per cercare un figlio perduto, aggrappato a quelle fredde traverse sverniciate e odorose di ferro come fossero l’unica speranza sulla quale tenersi in piedi… lui Γ¨ un padre a cui Γ¨ stata negata la parola papΓ .

Al suo fianco bambini correvano incontro ai loro papΓ  alzando un brusio acuto di voci spezzate da qualche risata libera e spensierata poi, quelle macchine accostate alla rinfusa svanivano una dopo l’altra e assieme a loro ogni rumore.

Solo un uomo rimaneva fermo nel tempo, senza volere diventava un acquarello dalle forme confuse, incerto di tutto se non di quella presa al cancello che lo separa dall’unica cosa che conta… suo figlio.

Esistono molti modi di essere padre, come esistono molti modi di fallire un intento e distruggere l’atavica vocazione di proteggere la prole, ma ciΓ² non toglie che in quell’immagine specchiata in cui ci riconosciamo lui c’è… anche quando gli accadimenti non vogliono ammetterlo e le situazioni sembrano fare di tutto per far finta di nulla..

Le parole piΓΉ dolci riescono sempre a stupire, ma ve n’è una, schietta e tronca come la sua pronuncia, austera e affettuosa come una preghiera, ma su di essa vibra il riflesso della consapevole appartenenza di chiunque abbia avuto la fortuna di pronunciarla.

Un Padre non Γ¨ scontato, ma Γ¨ un involucro in cui coesistono passioni al fianco di criteri, dentro cui la fragilitΓ  si maschera di forza, dove umanitΓ  Γ¨ un insegnamento che non necessita parole.

Un papΓ  Γ¨ quella protezione infantile che da adulti diventa un bisogno disperso nella sua assenza, Γ¨ uno sguardo che contiene disappunto e fierezza e che, per qualche miracolo, sostiene senza conflitto.

Avere un padre alcune volte sembra un evento straordinario tra la paura e l’avvenire, mentre molti padri ci mantengono vivo il significato di appartenere alla storia per indirizzarci verso una strada che dovremmo percorrere indossando le loro scarpe.

Riconosciamo un padre vestito di bianco, il Papa, custode dei nostri sospiri; un Presidente, fautore dei nostri futuri e infine, quella fortuna che si Γ¨ fatta carne, che non di tutti, Γ¨ il padre che sostiene e incoraggia… l’unico tra i tanti e che rompe la voce pronunciandolo… quel PapΓ  a cui ognuno Γ¨ stato in braccio.

Nessuno conosce quel padre dietro le grate di una scuola, imprigionato fuori dalla propria vita, ma Γ¨ anche a lui che dobbiamo almeno in questa giornata pronunciare un augurio chiamandolo per nome. Salutiamo tutti i PapΓ , ringraziandoli per il loro impegno, e sorridiamo ad ogni papΓ  sconosciuto che incontriamo e guardiamolo mentre osserva i propri figli… vedremo la luce che offusca la luce.

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