La famosa attrice Behnaz Jafari riceve il video di una giovane ragazza dell’Iran rurale, che minaccia di togliersi la vita perché la sua famiglia le impedisce di seguire la strada per diventare attrice. Sconvolta, Behnaz parte alla volta del villaggio della ragazza per indagare sull’accaduto, accompagnata dal regista Jafar Panahi. Il regista fa parte del nuovo movimento cinematografico iraniano nato negli anni 90 con Abbas Kiarostami.  Panahi è stato sempre un testimone scomodo per il regime, tante volte in carcere per “propaganda contro il sistema”. Il 16 gennaio 1979 Reza Pahlavi e Farah Diba lasciano il loro paese dopo la rivoluzione che istituì la Repubblica Islamica dell’Iran. Un mese dopo ritorna l’ayatollah Khomeini, in esilio a Parigi.  Il 7 marzo 1979 viene emanata la legge per rendere l’uso del velo obbligatorio. L’8 marzo 100.000 donne scendono in piazza contro tale legge, una protesta testimoniata dalle fotografie di Hengamesh Golestan. La protesta viene soffocata nella violenza. La rivoluzione  contro lo Scià si trasforma, nel giro di pochi mesi, in un regime islamista violento che ha forgiato il paese negli ultimi 40 anni. Ma la protesta continua.                                                                                                                                                          

Il regista Jafar Panahi fa parte del nuovo movimento cinematografico iraniano nato negli anni 90 con Abbas Kiarostami.  Panahi è stato sempre un testimone scomodo per il regime, tante volte in carcere per “propaganda contro il sistema” L’ultima carcerazione è avvenuta a luglio 2022 quando Panahi è andato nell’ufficio del procuratore di Teheran per chiedere informazioni sull’arresto di altri due registi iraniani, Mohamad Rasoulof e Mostafa al-Ahmad. Il regista è stato incarcerato perché, secondo un giudice, doveva scontare una condanna precedente. È stato scarcerato dopo sette mesi di prigione, su cauzione, grazie agli sforzi della famiglia, degli avvocati e dei rappresentati del cinema. A settembre, durante il Festival di Venezia, registi, attori e attrici hanno manifestato per la sua liberazione.