
“Calabria: paesaggi e pensieri” per confrontarsi con alte personalità che operano all’interno dell’area della regione e che occupano ruoli nelle istituzioni e nella cultura facendo nascere così un viaggio, quello dell’appartenenza all’intero territorio regionale. Con questo obiettivo è stato organizzato a Reggio Calabria, presso l’Associazione le Muse un incontro che ha visto, tra gli altri, anche la scrittrice Palma Comandè.
Punto di partenza del confronto è stata la definizione della concezione di paesaggio percettivo modificata nel corso del tempo, fino a giungere alla seguente definizione nell’anno 2000. Nell’accezione di inizio secolo (codificata in Italia dalla L. 1497/1939 sulla “protezione delle bellezze naturali”), il paesaggio era legato a caratteri di bellezza e valore, esclusive porzioni determinate di territorio, legati a delimitati, scorci e vedute panoramiche: le cosiddette “bellezze da cartolina”. Un’accezione piuttosto sentita ancora oggi, anche se piuttosto parziale e non corrispondente al reale meccanismo di produzione del senso di “paesaggio”. Precedentemente e successivamente il concetto ha avuto molte altre definizioni, legate comunque ad aspetti parziali del senso di “paesaggio percettivo”, come ad esempio l’associazione col “pittoresco”. Il senso di “paesaggio” è più vicino a quello di “territorio” (che ha un senso ben diverso) o all’accezione “scientifica” del termine, in quanto viene ristretto al discorso della “sintesi del visibile del contesto naturale e delle attività” ed alla pura visione del mondo materiale. Palma Comandè si è soffermata sul senso del paesaggio utile alla narrazione ed alla scrittura.

“Il paesaggio è anche una scrittura umana dove l’uomo si rivela, secondo la Comandè, un -bisogno estetico- quello che Kant chiama -piacere estetico- e dove l’essere umano riconosce se stesso. Da qui l’identità che è identificazione ed idea del bello di natura che nella scrittura non deve essere elemento transitabile ma, deve esserci, esistere. Poi vi è anche il paesaggio umano, quello che descriveva Strati, il quale aveva raccontato ansie e bisogni dell’uomo umile, poiché come diceva Friedrich Hegel “…gli umili sono capaci di fare la storia”. Gli eventi anche in letteratura non devono cristallizzarsi ed i luoghi servono a rendere le storie riconoscibili quasi un collegamento fisico, oltre che umano ed affettivo”.
